Dal TicinoLibero: “Il calcio conta troppo per troppe persone”, a Infantino il compito di rilanciarlo
Dopo gli scandali e la lunga era Blatter, la FIFa si affida a un avvocato cresciuto in Vallese e figlio di emigranti calabresi. Ha battuto lo sceicco saudita Salam.
ZURIGO – Comincia una nuova era, per la FIFA. È iniziata ieri verso le 18 quando Gianni Infantino è stato annunciato quale nuovo presidente.
Era un’elezione attesa, perché comunque fosse andata, sarebbe stata una svolta. Dall’8 giugno 1998 sulla poltrona più prestigiosa del calcio mondiale sedeva Joseph Blatter, cinque mandati per lui, prima dello scandalo corruzione. Sarebbe dovuto succedergli Michel Platini, “le Roi”, l’erede designato dall’UEFA, l’uomo di campo che va dietro la scrivania, se non che è rimasto invischiato anche lui assieme a Blatter in una brutta vicenda relativa a un pagamento di 2 milioni per servizi resi fra il 1999 e il 2002. Il calcio è stato come un pallone che rotola inesorabile sempre più giù, fra arresti e scandali, con una sfiducia man mano più grande.
Serviva una parata, per restare al gergo calcistico. A contendersi i guantoni, nonostante vi fossero altri candidati, l’uomo nuovo dell’UEFA, colui che aveva sempre operato nell’ombra ma che dopo l’addio forzato di Platini si è trovato a dover tirare la volata, Gianni Infantino, e lo sceicco saudita Salman Al-Khalifa, cugino del re. Di quest’ultimo i detrattori dicono che non abbia molta dimestichezza coi diritti umani, e contro di lui vi è stata una contestazione anche oggi. Il calcio del vecchio Continente, insomma, contro i soldi del nuovo. In molti si preoccupavano di svendere quel che rimane del mondo del pallone ai petrodollari, in caso di vittoria del favorito Salman. L’Europa, che a parte le grandi del Sudamerica, conta le nazionali e le squadre più importanti, oltre che le risorse finanziarie più consistenti, sarebbe inevitabilmente passata in secondo piano, in un’apertura al mondo ben diversa da un semplice allargamento del numero di squadre che partecipano ai mondiali.
E invece al secondo turno l’ha spuntata l’outsider Infantino. Fra i candidati, se può esserci un uomo giusto per rilanciare la FIFA, quello è lui, l’uomo dall’immagine pulita. Si è fatto da sé, Infantino: i suoi genitori sono emigrati da Reggio Calabria, cui è rimasto molto legato (tifa per la Reggina), al Vallese, si è laureato in legge a Friborgo, indirizzo sportivo, pagandosi gli studi lavorando in stazione. Sudore e fatica, insomma, umiltà per arrivare in alto, quello che serve al calcio mondiale.
Quella di Blatter è stata di fatto una dittatura, e nel proseguo si vuole evitare che si ripeta, limitando i mandati. Infantino parla di riforme, non di rivoluzioni (infatti sulla tecnologia in campo non si esprime in modo netto), ma vuole che il calcio torni alla gente. Punta alla trasparenza, chiedendo che siano pubblicati gli stipendi dei dirigenti e che si faccia un bando per ogni contratto commerciale, con un supervisore per evitare nuovi, facili scandali. Da uomo UEFA, vuol portare avanti il fair play finanziario, volto a contenere le maxi spese dei club più ricchi, i quali non avranno a suo avviso bisogno di una Super Lega Europea.
Non solo Europa, però: l’idea di finanziare le federazioni più piccole e di allargare i mondiali a 40 squadre, ritenuti da Salman boutade elettorali, vorrebbero accrescere il livello dei paesi meno avanzati calcisticamente.
Nel suo discorso, ha chiesto di lavorare tutti insieme per riconquistare il rispetto, puntando su quel magnifico gioco che è il calcio, assicurando che i tempi bui della FIFA sono finiti. In tempo di campagna, a chi gli chiedeva chi glielo facesse fare, ha detto che «il calcio conta troppo per troppe persone». Serve qualcuno che glielo restituisca: Infantino, a te il pallone, e che la partita abbia inizio.
Paolo Bernasconi
(da www.ticinolibero.ch)